Perché questo libro:
Prima di entrare nel merito della recensione, vi spiego cosa mi ha spinto ad acquistare questo libro dal momento che non conosco l’autore e dunque sarebbe potuto passare inosservato in mezzo a tanti altri titoli. Lo faccio mostrandovi subito la copertina.
Obiettivamente è un bel biglietto da visita. L’immagine color seppia, nonché la postura del protagonista, lasciano trasparire qualcosa di malinconico, introspettivo. È un invito alla riflessione. Almeno per me è stato così. Il titolo infine, è stato il vero magnete che ha catturato la mia attenzione: questo libro doveva esser mio.
Impressioni iniziali:
Ho comprato questo libro online. Solitamente non bado troppo alla voluminosità, non mi impressionano i libri corposi (eccetto quella volta in cui scelsi Infinite Jest di Wallace – 1282 pagine comprensive di note da leggere obbligatoriamente!), tuttavia appena scartato il pacco postale, ho scoperto con mia grande sorpresa, che il romanzo contava 77 pagine, ringraziamenti e sommario inclusi. Un romanzo breve, dunque. Chissà perché, nella mia mente si era configurata l’idea di un bel volume da duecento e passa pagine. Tuttavia la fattura del prodotto ha rispettato le impressioni in fase di acquisto: un libro ben stampato, una copertina decisamente invitante. Dunque, in fin dei conti, nulla era compromesso.
Inizia la lettura
Appena aperto il volume, scorgo il nome del primo capitolo: Annita Sonnino, la moglie. Immediatamente mi son chiesto: “Chissà quanti capitoli può contenere un romanzo di 77 pagine?”. Forse una domanda stupida, ma sta di fatto che mi sono catapultato a fine libro, al sommario. E qui, la mia seconda sorpresa: due capitoli. Annita Sonnino, la moglie; Alfredo Sonnino, il marito. C’era dunque da aspettarsi una storia speculare? Due visioni della stessa vicenda? Vi anticipo qualcosina: è esattamente così, ma con un particolare. La parte che riguarda Annita, la moglie, occupa una fetta importante del romanzo. Una scelta che approvo e che a mio parere pone l’accento sulla sfera emozionale dell’intera storia.
I personaggi
Concetta Gastaldo Ventura: madre di Claudia, Grazia e Annita
Claudia Ventura: Prima figlia di Concetta
Grazia Ventura: Terza figlia di Concetta
Annita Ventura: Seconda figlia di Concetta e protagonista
Alfredo Sonnino: Marito di Annita, protagonista
Guido Sonnino: Padre di Alfredo
Gigliola Sonnino: Madre di Alfredo
La storia
Sintetizzare gli eventi che si susseguono nel romanzo significherebbe minimizzare il libro stesso, perché quel che accade davvero ai personaggi è simile a un moto di burrasca che scuote le carni dall’interno. Annita ha appena partorito il suo primogenito Nino, ma vi sono subito delle complicazioni: per questo motivo Concetta, Claudia e Grazia accorrono al suo capezzale. Annita è provata nel fisico, pallida e smunta, intercetta un dolore che sin dall’inizio si intuisce non ha nulla a che vedere con il parto. Il male che l’angoscia e che le gira intorno assume sempre più le sembianze di Alfredo, il marito. Alcune voci sussurrano una violenza famigliare. Ciò pare stonare: il connubio violenza/parto è un intrigante depistaggio messo in atto dall’autore ed ha la finalità di creare una eco tra ciò che la gente disegna come verità e il dramma vero che pian piano va delineandosi. Gli elementi del puzzle si assestano intorno alla figura di Alfredo come persona gentile, cortese, educata, ma nel marasma dell’intreccio che ancora non è evidente, alcuni pezzi non coincidono, stridono: vi è di sottofondo un brontolio come una sorta di pentola a pressione che è lì pronta ad esplodere. «Alfrèd tiene na’ zoccòl» sono le parole di Annita. Il primo intoppo, un leggero cappio che inizia a stare stretto persino al lettore. Infatti ciò che ho trovato disarmante è il tentativo delle donne che ruotano attorno ad Annita, (la madre e le sorelle), di soffocare nel silenzio una situazione talmente palese da rasentare quasi la normalità. Alfredo ha sì un amante, ma quest’oggetto del desiderio non resta per nulla celato, anzi, frequenta la casa, siede accanto ad Alfredo, scherza e fuma con lui, ci lavora insieme nelle ferrovie perché è lì che l’ha piazzato Alfredo stesso. Si tratta di un uomo, Pierre. Ecco il problema da sotterrare, ecco il nodo. Si tratta di un groviglio da non sbrogliare perché altrimenti crollerebbe quella finta normalità che garantisce certo una sicurezza famigliare, ma principalmente terrebbe in silenzio le voci, le malelingue. È un nodo troppo stretto che Annita non riesce e non vuole subire, piuttosto preferisce mostrarsi come una folle, delirante, affinché la sua voce venga ascoltata.
Il secondo capitolo è il ritratto di Alfredo e mira a scardinare, attraverso un’analisi speculare, quei segreti che si celano nell’altra metà, quella descritta con immagini ambigue e non chiare del primo capitolo. Il lettore impara a conoscere l’uomo Alfredo, le viscere intrise di abbandoni e riscatti, ricerca e timori. Si entra così in contatto con l’umanità del protagonista, così come è avvenuto nel primo capitolo con Annita.
La malacarne è un concentrato di esistenze che si stringono intorno al dramma dei Sonnino. Vite che si intersecano e si scontrano puntando sempre e comunque a quella stabilità precaria che deve solo apparire, mentre nelle retrovie ogni cosa si ribella. E’ così anche per Claudia e Grazia, sapientemente messe in risalto nel primo capitolo, in quell’incastro di pezzi da accomodare accanto alla povera Annita. Individualità che tentano di appaiarsi alla normalità, fatta eccezione per la folle protagonista, una nota fuori dal coro a pretendere dignità.
Infine un applauso all’autore: uno stile asciutto, pulito, severo in alcuni tratti e capace di tenere legato il lettore alle pagine che pulsano di vita. Davvero un gran bel leggere e senza dubbio un ottimo spunto di riflessione non certo sulla omosessualità, ma sul valore umano e il peso che esso assume dinanzi ad occhi incapaci di leggere la verità.
Info:
Casa Editrice: Les Flaneurs
Prezzo: 9,00 €
Tempo medio di lettura: 3 h