Novelle

Elogio della timidezza

Da piccolo, quando mi toccava di presentarmi ad una faccia nuova, prima del nome ci piazzavo la vergogna che si spalmava sulle gote senza che io ne avessi il controllo. Poi sorridendo, camuffavo questo disagio e solo alla fine, esclamavo: “Ciao, sono Tommaso”.

Inesorabile arrivava il commento:

Ma che, sei timido?!”.

Era uno sgambetto servito davanti a tutti, in cui chiunque riusciva a vedermi per quello che ero attraverso una lente di ingrandimento speciale giacché tendevo ad accartocciarmi la faccia, ché avevo finito le sfumature porpora della vergogna. Ero inequivocabilmente un timido, senza remissione di peccato.

Così di ritorno a casa, mi interrogavo nel silenzio della mia stanza e facevo le prove su qualche improbabile frase rompi-ghiaccio o spacca-vergogna: tentativi ridicoli che mettevano ancor più in evidenza questa mia ingestibile attitudine.

Ovviamente i risultati migliori quanto a magre figure, li ottenevo quando tentavo di avvicinare una ragazza a cui cercavo di fare il filo: salti mortali e capriole carpiate per sentirmi dire, alla fine di lunghi mesi di corteggiamento: “Amici sinceri e veri come te, non se trovano facilmente!”.

Ero insomma l’amico, nonché confidente ideale, di tutti.

E per giunta, timido.

In età adulta decisi di cambiare registro e per farlo, ritenni necessario studiare gli “estroversi“. Si diceva così.

Attraverso una semplice somma algebrica, intuii che dunque al contrario, rientravo nella categoria degli “introversi“.

Che bella parola!

Introverso.

Mai nessuno si era rivolto a me in questi termini. Se mi avessero chiesto: “Ma che, sei introverso?!“, con il petto pieno d’orgoglio avrei urlato in faccia a qualsiasi estroverso: “E quindi?! Che problema hai con gli introversi?! Vuoi che ti faccia un elenco delle nostre qualità?“.

Siamo riflessivi, osservatori, pazienti, moderati, contenuti e mai volgari, distinti, mai inopportuni, disponibili all’ascolto, ponderati, attenti, equilibrati

Se solo avessi saputo che con un semplice sinonimo avrei potuto difendermi facilmente, avrei liquidato con una certa aria da snob gli “estroversi”, ma tant’è… ero semplicemente un timido con tanta voglia di osservare, senza fare rumore e “con le braccia conserte”, le esperienze, sminuzzandole in tante piccole porzioni, quasi fossero pietanze prelibate da gustare con calma e con i miei tempi.

Probabilmente la scrittura ha saputo dare un volto e un senso a tutta questa storia: tante situazioni sono diventate il leitmotiv dei miei romanzi, quasi fossero fotografie narrate in cui non è tanto l’indole introversa a persistere, quanto il desiderio di starmene in silenzio e ammirare gli istanti, i momenti ordinari, gli incontri, il folle alternarsi degli umori, ché in verità, di far chiasso a vanvera, non ne ho mai avuto voglia.

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