
‘Lu Pippi’ se ne stava sempre in mezzo ai colori giacché ogni occasione, per lui, era speciale. D’inverno, tra castagne e damigiane di vino primitivo, si lasciava cullare dal braciere più che per il calore, solo per il colore. Il rosso sangue del nettare vibrava di striature arancio danzanti mentre, scricchiolanti, bucce di castagne arrostite gli impolveravano le mani tozze. D’estate invece, si nascondeva tra le pale dei fichi d’india senza che queste lo scalfissero minimamente, solo per il piacere di annusare la consistenza degli aculei.
Le “cose” doveva vederle da vicino per gustarle. In silenzio. A guardarlo potevi confonderti e pensare che fosse un tutt’uno con le “cose” stesse.
Il tuffo a mare però, era ciò che preferiva: niente era meglio di quell’abbraccio sincero e fluttuante. Si inabissava nudo, senza tutto il superfluo che gli specialisti del mare indossano per una semplice passeggiata tra le onde. Forse anche per questo non godeva della simpatia dei suoi compaesani giacché, persino i familiari, s’erano dissipati tra l’indifferenza e l’altro mondo. Pippi era stato un buon falegname, riparava barche ed il suo lavoro sapeva farlo: quando metteva mano ad una di quelle bagnarole che spacciavano per grandi imbarcazioni, gli ridonava vita e soprattutto colore. Dipingeva intorno a sé del candido silenzio, una cappa muta distante dal tempo che sprigionava meraviglia. A vederlo lavorare ci rimanevi per ore e tuttavia avresti giurato che eri appena passato di lì. ‘Lu Pippi‘ scrutava le venature, addossando la pelle bruna del viso alla scorza rude della barca: l’annusava, stuzzicando l’anima del legno, e infine la respirava sino a gustarne il sapore delle ultime onde che l’avevano accarezzata.
Non giudicava mai, non sentenziava.
Operava con scrupolo perché sapeva semplicemente che era l’unica cosa da fare.
Colore e pialle, resine e pennelli: tutto questo era Pippi.
Sistemava le “cose” solo se le viveva da vicino.
“Il mare ci insegna un sacco di cose. Te le mostra senza chiederti niente. Non devi parlare, perché sennò, sprechi fiato e il mare non sopporta i chiacchieroni. O stai a galla o ti fai mangiare dal mare. Questo è! Il meglio lo nasconde a tutti: devi scendere, abbandonare tutto quello che sta fuori e fare un grosso respiro. Il ventre del mare ha colori e “cose” che puoi solo ammirare, ci sta poco da aggiungere. E siccome non siamo capaci a starcene zitti, continueremo a rovinare tutto ciò che sta qua fuori con un sacco di parole inutili. Peccato che non tutti, sanno nuotare”.
Quando Pippi lasciò il paese, il silenzio dei suoi abbracci – quelli che dispensava ai colori delle “cose” – divenne vuoto, un languore persistente che spense poco a poco tutti coloro che lo avevano conosciuto e che in qualche modo si erano nutriti della sua esperienza, della sua luminescenza. Era strano, ma seppur in silenzio, Pippi emanava quella luce e quei colori che dalle “cose” assorbiva: rifletteva la vita, senza troppa scorza attorno, senza il superfluo che il vocio delle malelingue elargisce gratuitamente perché pensa che un’opinione sia sempre necessaria.
Era il ’73 e quando ‘Lu Pippi‘ a colori se ne andò, lasciò solo una foto in bianco e nero, rubata da un passante.