Pacata se ne sta l’anima aspettando il suo turno, scostandosi a parole prepotenti che assaltano il posto. Furbe, queste, si accostano a lei, prima sussurrando aiuto, poi azzannando ascolto. Anche i pensieri, intatti e silenziosi, accettano lo spettacolo e, distratti dal tremendo borbottare di sostantivi e predicati piazzati l’uno di fila all’altro, svaniscono defilandosi tra metafore di inganni ben strutturati.
Se ne sta indietro l’anima, timida e delicata, ché quella parola di troppo le ha rubato il respiro e la credibilità, le ha rubato il posto: offre ragioni e perdono, chiede solo un altro turno, un altro posto, sebbene in coda.
Così attende.
E non attende il turno, ma solo l’invito ad avanzare, nonostante dal fondo, sia sempre tutto fin troppo chiaro.
Così talvolta me ne sto, in mezzo ad umani di parole, in sostanza, di chiacchiere.